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La danza della pioggia o la processione delle Rogazioni per invocare l'acqua celeste: "tanto", direbbe Wittgenstein, commentando Il Ramo d'oro di J. G. Frazer, "prima o poi piove". Del resto, secondo le note tesi epistemologiche di K. Popper, proiettate sui "selvaggi", il cosiddetto "mago" è un verificazionista perfetto. Tuttavia, l'essere o il non essere falsificazionisti non è, certo, frutto di una semplice decisione personale. Bisognerebbe, anzitutto, essere inculturati in una cultura che prevede de jure il "sospetto cognitivo", quello rinvenibile, in definitiva, solo in certe aree imbevute del pensiero occidentale, per il quale l'apparire non coincide eo ipso con l'essere. Ma il problema, ora, non è tanto questo. Occorre bandire l'idea che l'uomo possa, volendo, guardare il mondo come lo guardano gli animali - l'equivoco teoretico di Cezanne - , guardarlo, cioè, naivement, senza far uso di specifiche protesi (culturali) - di modelli percettivi - da inforcare come occhiali. Ci sono, in effetti, occhiali magici che ci fanno vedere spiriti e miracoli dappertutto (un mondo incantato) e occhiali scientifici che ci fanno vedere solo particelle elementari, molecole e cellule (un mondo disincantato). Ma, è mai possibile che non ci siano fatti al di sotto delle molteplici interpretazioni? E, se ci sono, come sono? Riecco il dilemma di Kuhn, già discusso.

 

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