Noesis

Nella fenomenologia husserliana gli elementi reali costituenti il vissuto sono la hyle, ovvero il gruppo di dati materiali che vengono «formati» da un altro elemento, anch’esso reale, la noesis, affinché l’Erlebnis stesso possa dirsi intenzionale, specificandone così il suo senso proprio. Il termine noesis rinvia alla sua radice greca, nous e in generale, come sostiene Husserl, costituisce il presupposto eidetico dell’idea della norma, non senza dimenticarne una delle accezioni, dal punto di vista fenomenologico, più significative, quella di «senso».
Husserl definiva propriamente «noetico» il campo relativo alle molteplicità costitutive, alle apprensioni animatrici, di contro a quello «noematico» che sarebbe il campo dell’«unità». Infatti, i problemi che Husserl definisce «funzionali», ovvero quelli relativi alla «costituzione delle oggettività della coscienza» riguardano propriamente il modo in cui la noesis animando l’elemento materiale e in un intreccio inestricabile con la hyle insieme danno luogo a ciò che viene detto «coscienza di qualche cosa», in modo tale che nella coscienza possa determinarsi l’unità dell’oggetto. La corrente del vissuto ha dunque uno strato materiale o iletico e uno strato noetico in cui si fonda la coscienza di qualche cosa. Husserl riteneva «incomparabilmente più importanti e più ricche» le analisi noetiche rispetto a quelle iletiche.

Con la riforma dell’Erlebnis fenomenologico (Cfr. Fenomenologia radicale), il rapporto tra la noesis e la hyle troverà un nuovo equilibrio. Nel senso che, essendosi manifestata fenomenologicamente una valenza funzionale dell’elemento iletico sconosciuta alle analisi husserliane – ovvero, quella di portare a manifestazione se stessa, il senso e, dunque, l’intero vissuto – è stato possibile rinvenire alcune modalità coscienziali dei vissuti che, parimenti, hanno portato alla luce anche certe specificità dell’elemento noetico del tutto inusitate nell’ambito dei vissuti investigati dalla fenomenologia classica. Infatti, laddove la hyle riveste essenzialmente qualità materiali, ereditate dalla tradizione ellenica, si ha una noesis tendenzialmente egocentrata, personale; dalla combinazione intenzionale di un siffatto elemento noetico con quello iletico si genera un noema oggettivo, empirico (o, addirittura, astratto se pressocché assente l’elemento iletico). È questo il caso del vissuto personale che connota generalmente l’area culturale occidentale, laddove, altrettanto generale, è la consapevolezza che sia l’attività di una noesis egologica ad offrire senso al mondo.
Tuttavia, tale tipologia di vissuto non sembra essere universale, né tanto meno, dal punto di vista antropologico-culturale, universalizzabile. Ciò significa che l’antropologia fenomenologica, sulla scorta dell’insegnamento husserliano, non intende proiettare modalità coscienziali che se vissute come «ovvie» e «naturali» per l’indigeno, non possono però dirsi tali per il fenomenologo. In tal modo, si è potuto individuare una tipologia coscienziale impersonale, generalmente presente nelle aree culturali mitico-rituali a fondamento sacrale, laddove i dati iletici non presentano quelle peculiarità materiali, già note alla tradizione greca di oscurità, insensatezza e inerzia, bensì mostrano, tra l’altro, la peculiare funzione di polo attrattore della noesis stessa. Così, si è addivenuti ad analisi fenomenologiche che hanno portato ad emergenza nuove specificità relative sia ai vissuti, sia anche all’elemento noetico. Infatti, si è visto che la noesis non costituisce soltanto «unità» nel senso di «oggettività», come nel vissuto personale; bensì, in relazione alla tipologia e, dunque, al contesto culturale nel quale vengono prodotti tali Erlebnisse, la noesis priva di Ego che connota i vissuti impersonali può costituire un noema che pure riguarda «unità», ma di tipo iletico, o «rivelativo».





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